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MARCINELLE SACRIFICIO DI TUTTI I MIGRANTI

08 agosto 2003

"Se vuoi veder l'inferno, amico mio, vieni con me che ti ci porto io, si chiama Mattmark e Marcinelle"

© 2013 - emigrante.jpg

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(ACR) - Così apriva la sua Ballata di Attilio, una canzone cruda e scarna, Franco Trincale poco più di trent'anni fa. Raccontava la storia di uno dei tanti italiani che, lasciata la propria terra per un futuro migliore all'estero, trovava invece la morte. Quella dell'emigrazione italiana è una storia triste, che troppe volte ha visto la speranza di una vita migliore scontrarsi con esperienze drammatiche: lo sfruttamento, la negazione di diritti fondamentali, il razzismo. È proprio la concomitanza di questi tre fattori che porta l'emigrato/immigrato ad essere persona di secondo livello, o di serie "B", come si dice oggi. Fa sì che i suoi simili, in un paese diverso, lo considerino un concorrente, un nemico, un "altro" persino inferiore che sottrae qualcosa agli indigeni in maniera scorretta, senza rispetto per le regole. Gli italiani hanno vissuto tutto ciò sulla loro pelle da sempre, da quando venivano linciati a New Orleans a quando erano ingiuriati, derisi e manganellati nella civilissima Francia e persino quando hanno trovato la più tragica delle morti sotto il ghiacciaio di Mattmark o nella miniera di Marcinelle. Certo, perché anche questa morte, non era frutto del caso, di soli incidenti o disgrazie. Era il risultato del fallimento di uno Stato, quello italiano, che "vendeva uomini per sacchi di carbone"; di politiche economiche incapaci di creare lavoro a sufficienza. Ma era anche il fallimento dell'"uomo", che non sapeva riconoscere nell'immigrato un suo simile, un altro uomo con diritti e doveri, una persona che anela a migliorare se stesso attraverso il lavoro. E per questi motivi gli italiani emigrati erano discriminati due volte, dall'Italia che non aveva la forza né la voglia di rivendicare diritti per loro, e dal paese ospite, che li utilizzava per lavori che i propri cittadini non erano più disposti a svolgere. Marcinelle è luogo simbolo di quanto detto finora, metafora della vita e della morte di milioni di italiani emigrati, monito alle generazioni future, del Belgio come di ogni altro paese che ospita immigrati o che vede partire emigranti. L'Italia di oggi non è più quella dei morti di Marcinelle, non è più terra di sola emigrazione, un'emigrazione diversa, ridotta, ma è anche terra di immigrazione. Non è più solo un luogo da cui partire per cercare riscatto, ma anche una meta dove riscattarsi. Per questo vorremmo che l'anniversario della tragedia di Marcinelle, Giornata del sacrificio italiano nel mondo, possa essere vissuta come giornata del sacrificio di tutti i migranti, sia di quelli che a Marcinelle morirono senza essere italiani, ma polacchi, cecoslovacchi ecc., che di quelli che ancora oggi scappano da guerre, dittature, povertà, per cercare un avvenire migliore in Europa, che oggi è la nostra casa comune. Per questo chiediamo con forza che non si dimentichi quanto gli italiani hanno sofferto in un secolo e mezzo di emigrazione, quanto hanno saputo guadagnarsi, quanto hanno offerto in termini di ricchezza economica e culturale ai paesi che li hanno ospitati. Per questo abbiamo creato una circoscrizione estero e abbiamo introdotto il voto per posta, strumento essenziale di rappresentanza diretta in Parlamento. Per questo vogliamo che l'Italia non sia terra in cui attecchisca il seme dello sfruttamento, della discriminazione, del razzismo. Per questo proviamo imbarazzo e vergogna per quelle forze xenofobe e razziste che chiedono di ricevere a cannonate gli immigrati, che tolgono le panchine dai parchi, che disinfettano gli scompartimenti dei treni nei quali viaggiano gli extracomunitari. Per questo il nostro impegno quotidiano si spende affinché non dobbiamo più conoscere né gli inferni di Marcinelle né quello di Jon Cazacu, l'ingegnere romeno che lavorava come piastrellista a Gallarate, arso vivo il 14 marzo del 2000 dal proprio datore di lavoro perché chiedeva un aumento. (Gianni Pittella)

Redazione Consiglio Informa

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