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IL RAPPORTO TRA LA BASILICATA E L'EUROPA, IL PENSIERO DI MARIA ANTEZZA (DS)

18 luglio 2003

La Vice Presidente del Consiglio regionale fa un’approfondita analisi sul ruolo che la nostra Regione potrà avere nell’ Europa allargata

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(ACR) - L'introduzione della sessione comunitaria nella vita del Consiglio Regionale ha una importanza strategica. Quest'anno cade in un momento particolarissimo. Pochi giorni fa a Bruxelles è stata presentata la bozza di Costituzione europea che sarà sottoposta al vaglio della conferenza intergovernativa di fine anno. E' un risultato importante per certi versi storico. Non possiamo trascurare che con la nuova Costituzione escono rafforzati i poteri della Commissione europea e del Parlamento, le Regioni diventano interlocutrici stabili del livello europeo, viene incorporata la carta dei diritti fondamentali, crescono le materie su cui si voterà a maggioranza, quindi si rafforza l'unione europea come potere decidente. A mio modo di vedere rimane una zona d'ombra principale che anche noi dobbiamo concorrere a recuperare. Si tratta della politica estera e di difesa, ancora assoggettata al voto all'unanimità dunque, al potere di veto. Credo che possa partire dalla nostra Assemblea un forte appello alla rappresentanza istituzionale italiana affinché esprima il massimo impegno in questa direzione. Mi sono altre volte riferita alla evoluzione dell'assetto istituzionale, segnato sempre più da processi di sovranazionalizzazione e di federalismo. Per quanto i conservatori di tutte le latitudini possano opporsi ai cambiamenti, sarà difficile rallentare un rinnovamento della impalcatura istituzionale che rafforzi poderosamente l'Unione Europea, da un lato, e le Regioni,dall'altro. Credo che nessuno abbia in mente lo smantellamento degli Stati nazionali ma è sotto gli occhi di tutti che le sfide che punteggiano il nuovo secolo e che con un termine schematico chiamiamo " le sfide del mondo globale" possono essere affrontate solo con autorità istituzionali di valenza sovranazionale. Allo stesso tempo, la globalizzazione accentua le diversità locali, ne approfondisce i caratteri distintivi, e reclama forme più marcate di potestà di governo locale. Ecco perché il termine " Glocal " non è solo un termine comodo e suadente, è anche un corretto modo di leggere la realtà del nostro tempo. Su questo primo versante la sessione comunitaria e' utile per spingere, anche con la nostra voce, verso un esito concreto e coraggioso della Convenzione Europea. Un'Europa più forte e più ampia,significa una Unione con poteri veri che assuma il metodo comunitario e attenui il metodo intergovernativo, che abbia una sua Costituzione, che semplifichi le sue procedure e i suoi livelli di Governo, che dialoghi in modo più fecondo con le Regioni. La seconda ragione riguarda la fase di programmazione 2000-2006, che ci vede protagonisti, ancora una volta Regione e Unione Europea con il coordinamento del Governo Centrale, nell'utilizzo dei fondi strutturali. Noi non abbiamo corso il rischio del disimpegno automatico al 31.12.2002 e ciò ha consentito di concentrarci maggiormente sulla seconda fase della programmazione per raggiungere 1) l'obiettivo della premialità non solo centrato ma sforato in termini positivi, portando la nostra regione in testa alla reg. dell'ob.1 e con un distacco di 30 punti % dalla Sardegna collocata subito dopo e 2) per qualificare ulteriormente la spesa centrando gli obiettivi ottenendo così, non solo una performance economica. Alla nostra Regione viene riconosciuta una indiscussa capacità di governance, ossia di superare le difficoltà di percorso e di centrare gli obiettivi con puntualità, competenza e capacità operativa. Su questo secondo aspetto,quello della qualità,mi permetto di rafforzare l'idea di puntare molto sulle grandi infrastrutture immateriali, sulla ricerca, sul sostegno alla microimpresa, all'ambiente, al turismo, alle pari opportunità e di monitorare con costante attenzione il decollo dei PIT. Oggi l'obiettivo " PIT" continua a essere ancora una grande scommessa, su cui sono state puntate enormi risorse che non possono andare disperse, e su cui si concentrano attese che in ogni caso non possono andare deluse. Occorre accompagnare i processi poggiando su due obiettivi funzionali al raggiungimento dei risultati attesi: - quello della promozione e del sostegno di un partenariato interistituzionale maturo, efficace ed efficiente essenziale al buon andamento di un PIT, ma di per sè importante traguardo come modalità innovativa di approccio all'uso del territorio da parte degli attori locali; - quello di moltiplicatore dello sviluppo economico endogeno non raggiungibile da singole iniziative, non integrate tra loro e, soprattutto, quello di accompagnamento della crescita delle attività economiche e produttive attraverso un miglioramento del contesto di accoglienza delle stesse, capace di offrire esternalità territoriali che possono far attecchire stabilmente le nuove iniziative imprenditoriali. In altre parole, i PIT dovrebbero creare dei veri e propri laboratori permanenti dello sviluppo, che rendono non effimere e fugaci le condizioni di insediamento economico. Occorre quindi, legare i progetti al territorio e puntare ad estrarre qualità, sia dal valore aggiunto che il progetto può dare se si realizza in un determinato territorio, sia dal valore aggiunto che un determinato territorio può recare alla realizzazione di un progetto, attivando le sue peculiari risorse. E' in questa combinazione di progetto territorio, superando la classica separazione che vedeva progetti senza territori e territori senza progetti, che si gioca la capacità di incidere maggiormente sulle barriere di sviluppo. Vi è un terzo elemento da tenere in conto, quello di realizzare la spesa nei tempi stretti della programmazione comunitaria per non incorrere nel disimpegno automatico che scatta annualmente. Ma questo terzo elemento, di sfondo, non è ovviamente tanto un obiettivo quanto, piuttosto, una condizione necessaria senza la quale non sarebbero concretamente e quindi utilmente perseguibili neppure gli altri due obiettivi richiamati. Giova ricordare che un recente dato, l'agenzia internazionale per l'economia "Moody's" si è espressa in maniera più che favorevole in merito proprio alla governance della regione Basilicata. Ciò non deve sorprende, perché storicamente la Basilicata, e in parte l'Abruzzo, sono, fra le Regioni del Sud, quelle meglio amministrate, per un insieme di cause storiche e politiche. La Basilicata dispone intanto di un ceto tecnico regionale, quanto di una classe politica e di una maggioranza di governo di centrosinistra che ottiene risultati migliori da tempo, e tutti gli indicatori lo confermano. Alla buona amministrazione,poi, si aggiunge un andamento dell'economia complessivamente positivo. In sostanza, concordando con il presidente Bubbico, la Basilicata possiede un livello di sviluppo, misurato mediante indicatori relativi alla struttura e alla redditività del sistema economico, che pone la regione in una posizione mediana, in una "Europa di mezzo" tra i Paesi in via di adesione e gli attuali Stati membri. Vi è infine una terza ragione per la quale la nostra Sessione Comunitaria è importante. E' già aperto in Europa il dibattito sul dopo 2006. Il prossimo periodo di programmazione dei fondi strutturali porterà cambiamenti radicali, soprattutto per le Regioni che usciranno dall'obiettivo 1 come la Basilicata. L'ingresso dei nuovi Stati membri sposterà l'attenzione su queste aree rischiando di rendere ancora più marginale il Sud dell'Europa; e allora la politica di coesione sarà ancor più necessaria nell'Unione allargata e i temi della coesione territoriale potranno costituire un valido argomento per rivendicare un impegno finanziario significativo dell'Unione Europea nelle regioni del Mezzogiorno. Raccomandando quindi, che la politica di coesione sia rivolta soprattutto alle aree in ritardo di sviluppo, occorrerà prevedere per le Regioni che usciranno dall'obiettivo 1 opportuni e calibrati strumenti transitori di accompagnamento (phasing-out), maggiorati, per le Regioni che usciranno per un mero effetto statistico, in grado di promuovere uno sviluppo durevole. Una sorta di Obiettivo Uno – bis che garantisca un regime di accompagnamento speciale che ci eviti di subire gli influssi di un deficit infrastrutturale ancora rilevante e non più sostenuto dalle risorse finanziarie di riequilibrio. Su fronte delle politiche di coesione, occorrerà rafforzare gli orientamenti strategici già presenti nel Dapef e dedicati all'accessibilità, alla società della conoscenza, alla società dell'informazione, all'innovazione e alla ricerca, all'ambiente, all'occupazione, all'inserimento sociale, all' istruzione e alla formazione, favorendo l'inserimento delle persone svantaggiate nel mercato del lavoro, ribadendo la centralità del tema delle pari opportunità tra uomo e donna, con l'impianto di politiche d'incentivo per l'imprenditorialità femminile. D'altro canto, non andrà trascurata la valenza strategica che assume l'attuazione dei programmi di prevenzione dei rischi naturali, dalle acque, all'aria, all'ambiente da tutelare complessivamente, creando nel contempo occasioni di sviluppo ecosostenibile. In conclusione, occorrerà spingere sul pedale della competitività dei territori che costituisce l'obiettivo di breve, medio e lungo periodo su cui l'Italia è ormai saldamente impegnata anche al tavolo negoziale comunitario che sta lavorando sulla riforma dei fondi strutturali del dopo 2006. Sono queste le risposte che coralmente, lo Stato, le Regioni, le Autonomie locali, le forze economiche e sociali, le associazioni rappresentative degli interessi diffusi debbono dare alla sfida immediata sul terreno della globalizzazione mondiale e europea. Il sistema territorio non è altro che il necessario sottoinsieme del sistema Paese e del sistema Europa, che insieme dobbiamo poter costruire per uscire dignitosamente e vittoriosamente dalla emarginazione e dal ritardo di sviluppo che oggi affligge molta parte del territorio italiano, tra cui anche la Basilicata, e che costituiranno ben più solide garanzie dei cosiddetti correttivi degli effetti statistici, invocati come strumento d'intervento congiunturale, per fronteggiare l'allargamento. Dalla sessione comunitaria del Consiglio regionale deve scaturire il rafforzamento delle scelte europee operate dalla Regione Basilicata, dal suo governo e dalla maggioranza di centrosinistra, nella consapevolezza che sono state proprio le politiche comunitarie e la nostra capacità del loro utilizzo a far crescere in noi la consapevolezza di sentirci cittadini di un'unica entità sopranazionale chiamata Europa, senza perdere la nostra identità nazionale e, addirittura, rafforzando la nostra appartenenza culturale e morale alla regione lucana. Bisogna quindi, avviare un confronto politico e programmatico per testimoniare come la nostra Regione è e vuole restare all'avanguardia, anche nel contributo al ridisegno complessivo delle politiche strutturali europee, sapendo che l'Europa Unita, oltre a essere quella dei cittadini è quella delle Regioni e dei Comuni, prima di essere quella degli Stati.

Redazione Consiglio Informa

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