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(RegioneInforma) "IL FASCISMO IN BASILICATA"

13 settembre 2004

© 2013 - fascismo.jpg

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(ACR) - La tesi di Elena Vigilante, dal titolo "Il Fascismo in Basilicata" discussa nell'anno accademico 2000-2001 presso l'Università degli studi di Bologna, è tra le cinque vincitrici del terzo Concorso Nazionale "Studi e Ricerche sulla Basilicata" indetto dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Basilicata. La ricerca analizza il cambiamento intervenuto a livello di classe dirigente in Basilicata, soprattutto nei principali Comuni della provincia di Potenza (Lagonegro, Rionero, Melfi e Potenza), e le relative strategie del consenso. Tale ricerca mette, inoltre, in evidenza le politiche del ventennio ponendo l'accento sulla differenza di comportamento del Regime tra nord e sud d'Italia. Il lavoro descrive l'impatto che il ventennio fascista ebbe in Basilicata, e lo fa osservando i mutamenti avvenuti nella classe dirigente e la messa a punto delle strategie del consenso. Lo studio, concentrato sui quattro Comuni principali della provincia di Potenza, ha avuto lo scopo di capire se in Basilicata il fascismo avesse rinnovato i vertici del potere, poiché la storia afferma che nei Comuni del nord e del centro Italia il fascismo comportò un ricambio rapido della classe dirigente e la nomina di uomini nuovi. Ma nel sud non fu così: "I vecchi notabili vestirono la camicia nera e continuarono a gestire il potere" spiega l'autrice. "Il presente studio ha l'obiettivo di chiarire se la Basilicata si comportò come il resto del sud o gli fece eccezione" scrive ancora l'autrice. Un altro aspetto trattato in questo lavoro riguarda le innovazioni portate dal fascismo in Basilicata. Infatti, il regime per ottenere consensi si concentrò sull'introduzione delle comodità della moderna società industriale, sulle opere di bonifica, sul miglioramento delle condizioni di vita nelle campagne, sul sistema assistenziale, avvicinando così i contadini allo "Stato in camicia nera". Ci si chiede allora: il fascismo è riuscito a rendere più produttivi i terreni lucani e a migliorare le condizioni di vita nelle campagne? Interrogativo, questo, intorno al quale la ricerca si è svolta e al quale si è cercato di dare risposta. Leggiamo che il territorio lucano era caratterizzato da una totale assenza di macchinari utili per migliorare la produttività dei terreni tant'è che per la lavorazione delle terre venivano utilizzate la "zappa" e la "vanga" una specie di aratro, non vi erano seminatrici e le trebbiatrici a vapore erano limitate solo in alcune zone piane dove prevaleva la grande coltura e la grande proprietà. Dalle testimonianze raccolte dall'autrice è subito chiaro che il regime fascista aveva, sin dagli inizi, nel suo programma il progetto di modernizzare le campagne. I piani di riforma propagandati dal fascismo avevano come idea base un forte rinnovamento dei contratti, ma così non fu, infatti, durante tutto il ventennio nulla fu fatto in tal senso se non un timido tentativo che si concretizzò soprattutto nel cercare di apportare delle migliorie nelle campagne con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita dei contadini e di aumentare la produttività dei terreni. Quest'ultimo obiettivo fu perseguito anche attraverso la diffusione di macchinari e attrezzature più moderne. " La storiografia locale sostiene che il fascismo in realtà non ha promosso alcuna meccanizzazione delle campagne, infatti, la storia rivela che la diffusione di moderni macchinari per la coltivazione si sia verificata solo nella seconda metà del 1900, quindi durante il periodo del fascismo, il fenomeno avrebbe avuto carattere episodico" scrive Elena Vigilante. Questo lavoro è il frutto di attente ricerche effettuate nell'Archivio centrale di Potenza, mentre le informazioni circa l'impatto che le strategie del consenso attuate dal regime ebbero fra la popolazione derivano dalla raccolta di fonti orali. Questo studio si basa, per l'appunto, su dodici interviste "in gran parte a contadini ed a qualche artigiano". Nessun intervistato critica il regime per i suoi provvedimenti economici nell'arco del ventennio e ritengono che il regime di Mussolini intendesse difendere gli interessi dei più deboli. Antonio R., contadino, dichiara che Mussolini "cacciava assegni familiari, la pensione, l'affitto al trenta per cento. E ancora "le riforme che abbiamo adesso sono tutte leggi di Mussolini, aggiunge Assunta P. che afferma Mussolini dava i soldi ai poveri". "Tutto il sistema assistenziale lo ha fatto Mussolini, prima non avevamo niente. Poi ci sono state le leggi delle pensioni, ci davano i buoni per il latte, ti aiutavano a crescere i bambini, queste sono cose belle" e ancora "il fascismo ci aiutava a tirare avanti. La durezza con cui Mussolini gestiva il potere viene ritenuto legittima dagli intervistati, che ne conservano un ricordo carico di rimpianto. In particolare Antonio R., contadino aviglianese, riferendosi al fascismo dice: " in quel tempo chi sbagliava alla fucilazione, tu hai sbagliato via!" L'uso della forza fascista viene considerato strumento di giustizia necessario per tutelare le brave persone e a punire i colpevoli. Dalle interviste viene fuori l'idea che il fascismo garantisse l'ordine "potevi stare tranquillo che nessuno ti faceva niente" spiega Giuseppe L. Benché gli episodi riportati sulla cronaca nera locale smentiscono la veridicità di queste affermazioni, poiché, le cronache locali del periodo fra il 1930 e il 1935 riferivano di un aumento di violenza: omicidi, incendi dolosi, colpi di scure e coltellate a volontà. Il controllo delle informazioni nascondeva la realtà del periodo, infatti, dal 1935 in poi sparì dai giornali lo spazio dedicato al giudizio, il regime decise di ostacolare la diffusione di notizie che potessero nuocere all'immagine di una società ordinata. Le interviste testimoniano quanto questa strategia adottata dal regime si rilevò vincente: è comune nelle interviste il ricordo dell'ordine e l'assenza di pericoli, ricordate come caratteristiche corrette del ventennio di quanti vissero in quel periodo. Il controllo adottato sulla diffusione delle notizie riuscì a far considerare ogni episodio di violenza o di furto come un caso isolato. (A.C.)

Redazione Consiglio Informa

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