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LA STRATEGIA INTERNAZIONALE

30 giugno 2003

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(ACR) - Nelle piccole imprese i temi della strategia sono tanto importanti quanto variamente considerati, anche se è raro che la strategia sia esplicitata e formalizzata; i concetti teorici di strategia sono affrontati da un punto di vista pratico, a livello di conoscenze, convinzioni, sensazioni, percezioni di chi dirige l'impresa. Le piccole e medie imprese tendono ad affrontare i problemi strategici in modo informale, infatti l'applicazione di concetti e strumenti strategici avviene spesso in modo indiretto e inconsapevole. Le piccole imprese adottano un approccio strategico tipicamente etnocentrico, anche per causa delle limitate risorse di cui dispongono; il passaggio all'approccio policentrico o regiocentrico, comunque non è inaccessibile. Le dimensioni d'internazionalizzazione tipiche riguardano l'attività di vendita, accanto alla quale si vanno affiancando quelle "nuove forme" che coinvolgono altre attività operative ( produzione, ricerca e sviluppo, ecc.) senza richiedere un apporto finanziario insostenibile. Le motivazioni all'internazionalizzazione cambiano a seconda che si parli di piccola o grande impresa. Per decenni le grandi imprese sono state oggetto di studio e hanno ispirato teorie ormai classiche, come il ciclo di vita internazionale del prodotto oppure il tema dell'internazionalizzazione. Per le piccole imprese l'internazionalizzazione può derivare da motivazioni particolari, che possono essere distinte tra necessità e opportunità. L'idea di necessità è nel senso negativo, come via obbligata che l'impresa deve seguire per evitare di uscire dal mercato; le opportunità possono distinguersi in occasionali, il cui fine è realizzare guadagni immediati, strategiche, cioè potrebbe essere fonte di sviluppo a medio/lungo periodo. Le piccole imprese tendono a sviluppare la propria presenza in Paesi simili all'Italia, vale a dire in Europa: questo fenomeno è stato definito "euroglobalizzazione" , con esso l'impresa tende a scegliere le situazioni caratterizzate da similarità di mercato. Questo atteggiamento sembra essere giustificato in particolare dai seguenti orientamenti: minimo rischio; minimo impegno finanziario ed organizzativo; internazionalizzazione come opportunità di breve periodo, occasionalità, instabilità; approccio incrementale e adattivo; internazionalizzazione centrata sull'export indiretto; tendenza a non rispondere direttamente ai cambiamenti da segnali deboli. E' facile, quindi, che la piccola impresa tenda ad effettuare le scelte più facili, meno impegnative in termini finanziari e di complessità organizzativa e gestionale, così avviene che: la strategia del mercato nazionale sia "proiettata" su quello estero, senza elaborare strategie apposite; quando l'impresa abbia successo in un paese-mercato, tenda a replicare quell'esperienza su tutti gli altri Paesi; la segmentazione del mercato internazionale avvenga ripetendo lo schema del mercato italiano; l'adattamento del prodotto avvenga solo quando l'impresa vi sia obbligata (ad es. da una legge locale oppure dalle imprescindibili richieste di un buyer); la possibilità di influenzare l'ambiente sussista soltanto a livello collettivo, in particolare grazie ad accompagnatori – rappresentanti istituzionali quali consorzi, associazioni di categoria, istituzioni governative, ecc.; la risposta ai segnali di cambiamento avvenga mediante consapevolezza e flessibilità, più che per risposta diretta. Se le piccole imprese tendono a non fare pianificazione, allora assume importanza l'azione strategica, infatti i comportamenti opportunistici ed occasionali rivelano la diffusa tendenza all'azione asistematica. Nei fatti le piccole imprese intendono l'azione strategica nel senso di azione asistematica, cioè "ad hoc", effettuata volta per volta in base all'intuizione e alle contingenze del momento. Talvolta è possibile individuare delle linee di fondo di sistematicità dell'azione, anche laddove essa non è dichiarata; in generale, la scarsa capacità strategica delle piccole imprese è un argomento molto valido, infatti, per quanto riguarda l'internazionalizzazione, una conferma proviene dall'evidenza in quanto la maggior parte delle imprese ricorre soltanto all'export in modo opportunistico ed occasionale e prevalentemente attraverso intermediari commerciali. La tendenza verso l'azione asistematica si associa ad una generale strategia reattiva dell'impresa, infatti questa aspetta il verificarsi degli eventi piuttosto che anticiparli. Questo atteggiamento è ancora più vero per i mercati esteri, per i quali il rischio è percepito più intensamente per causa della distanza geografica, delle differenze culturali, della distanza psichica, ecc.. La strategia, elemento fondamentale della vita dell'impresa, non è da pensare come definita in assoluto, ma si adatta a situazioni interne e esterne specifiche. Ogni impresa ricerca, pertanto, una strategia unica per differenziarsi dai concorrenti e così sottrarsi alla competizione. Si è fatto più volte riferimento ai concetti di risorse e di competenze, pertanto si è reso necessario specificare questi concetti nella prospettiva dell'impresa internazionalizzata. Seguendo il filone teorico ormai consolidato della «resource based theory», le risorse di un'impresa possono essere definite come l'insieme dei fattori produttivi, tangibili e intangibili, controllati dall'impresa ed usati nei suoi processi produttivi ed operativi. Le competenze, in linea generale, consistono nella capacità dell'impresa di utilizzare le risorse o combinazioni delle stesse per raggiungere un determinato obiettivo. Il valore strategico delle risorse è tanto più elevato quanto più esse sono significative in riferimento all'ambiente rilevante dell'impresa e quanto più sono specifiche dell'impresa che le detiene; inoltre, le condizioni di successo dell'impresa sono legate non solo alle risorse detenute, ma, soprattutto, al modo in cui le stesse vengono combinate in maniera specifica ed utilizzate in modo originale. L'internazionalizzazione, quindi, può essere interpretata come una strategia per acquisire nuove risorse e competenze distintive. Per l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese avviene che le risorse si concentrino nelle attività di vendita e, specialmente in modo indiretto, nella produzione; ma le imprese più proattive tendono ad estendere le aree di allocazione delle risorse. Una risorsa di importanza strategica per l'attuazione di processi di internazionalizzazione è l'innovazione. L'idea che le imprese con capacità d'innovazione siano avvantaggiate, sui mercati internazionali, risale alle prime teorie sull'internazionalizzazione secondo cui le imprese dotate di una capacità distintiva nell'innovazione, possono esportare questa capacità all'estero dove nessuno può contrastare lo strapotere tecnologico. Per le piccole imprese "innovative", possono aprirsi scenari di collaborazione, anche con grandi imprese, ed in tal caso, i reciproci interessi si incontrano perché la grande impresa, detentrice della risorsa "capitale finanziario", tende ad essere capace nel gestire il ciclo commerciale delle innovazioni, piuttosto che produrle, mentre la piccola impresa, centrata sulla risorsa "persone", può realizzare innovazioni eccezionali, ma non avere la forza e la capacità di sfruttamento commerciale. La grande impresa può stringere legami con una pluralità di piccole imprese, situate in contesti geografici diversi, al fine di tenere aperte delle "finestre strategiche" in funzione delle innovazioni realizzate o realizzabili da ciascuna di esse. Richiamando l'approccio alla strategia noto come resource based theory, l'ottenimento di vantaggi competitivi deriva in larga parte dal possesso, da parte dell'impresa, di valide risorse, tangibili ed intangibili, capaci di trasformarsi in competenze da conferire all'interno dell'impresa. Per mantenere un vantaggio competitivo di lungo periodo, l'impresa necessita di competenze distintive specifiche e difficilmente replicabili se non in tempi lunghi; ciò dipende oltre che dalle caratteristiche delle risorse e competenze possedute dall'impresa, quali l'acquisibilità, la durevolezza, la trasferibilità e la riproducibilità, anche dalla capacità di integrazione delle risorse nel sistema aziendale e dalla capacità del sistema organizzativo di facilitarne lo sviluppo e lo sfruttamento. (s.c.)

Redazione Consiglio Informa

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